Calciatori, tennisti, nuotatori sprovvisti di certificato di idoneità che fanno sport agonistico, regolarmente tesserati: sembra un controsenso in un’Italia in cui le palestre continuano a chiedere certificato ed elettrocardiogramma anche per le pratiche ludiche dove non serve. Eppure è così.
Il giornale il Tirreno apre il caso con un articolo: nell’Empolese su 230 mila abitanti e circa 23 mila praticanti attività sportive solo 16 mila risultano all’Asl numero 11. Siccome nello sport agonistico sono le Asl e i centri accreditati a rilasciare l‘idoneità per il tesseramento alle società sportive, si dovrebbe arguire che, ogni due idonei, si cimenta un non idoneo. Con grossi rischi. L’Asl ammette che i dati non possono essere precisi vista la varietà di Federazioni delle varie discipline esistenti sul territorio, ciascuna con disposizioni diverse. A livello italiano poi l’organizzazione è diversa da una regione all’altra, in alcune i centri per il rilascio sono solo pubblici, in altri possono essere anche privati accreditati.
Maurizio Casasco, presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana – FIMS – ammette che nello sport dilettantistico il problema sussiste e in alcune regioni c’è di più. «Tutto si risolverebbe subito se per il tesseramento alle Federazioni le società sportive, al documento d’identità e alla foto di ogni loro iscritto, allegassero pure il certificato d’idoneità. Sarebbe inoltre opportuno – spiega Casasco – che idoneità o inidoneità (questi ultimi certificati obbligatoriamente rilasciati ad Asl e regione oltre che alla società e all’atleta ) fossero subito noti alle Federazioni di pertinenza. Attualmente invece per l’idoneità tutto si risolve in una dichiarazione che i presidenti delle società sportive sono tenuti a rilasciare alla Federazione di pertinenza, in cui si afferma che gli iscritti per i quali hanno prodotto documentazione hanno superato le visite mediche».
Per contro qualche “inidoneo” tenta di strappare l’idoneità in altri centri di medicina dello sport, firmando false dichiarazioni in cui dice di non aver mai subito giudizi di inidoneità, un atto che riveste rilievo penale. Casasco sottolinea che «alcune Federazioni impongono alle società di produrre sempre il certificato, una pratica caldeggiata da noi medici Fims per tutti gli sport, ma altre no, nemmeno la Federcalcio. Quando anni fa vi fu un passo per far avere obbligatoriamente i certificati alle Federazioni si fermarono addirittura i campionati».
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